Stiamo sprecando l'IA
Reve per modificare immagini come in Photoshop
Ciao, come stai?
sono reduce da una settimana di interventi e workshop pratici sull’uso della GenAI che ho tenuto in aziende e agenzie di comunicazione. Sono state giornate di confronto con professionisti di varie funzioni aziendali che mi hanno restituito la percezione molto netta del vero stato di adozione di queste tecnologie, lasciandomi un senso di paura che voglio condividere con te.
Ormai tutti coloro che lavorano all’interno di un’organizzazione hanno avuto modo di sperimentare almeno l’uso di ChatGPT, che è la porta d’ingresso all’intelligenza artificiale generativa.
Il problema è che, spesso, l’utente rimane prigioniero di una trappola invisibile, quella dell’illusione della competenza (effetto Dunning-Kruger). In altre parole, mediamente, di fonte all’IA gli utenti non sanno di non sapere.
Probabilmente è colpa delle interfacce conversazionali, così semplici e intuitive, che ci hanno fatto credere che basti riempire quel vuoto box di testo per padroneggiare lo strumento. Ma non è così. Molti utenti ignorano impostazioni che potrebbero essere decisive per ottenere un certo risultato, per esempio impostare un modello diverso o selezionare uno strumento specifico (non tutti ancora conoscono la “deep research”).
Il comportamento più diffuso e preoccupante che ho visto è la scrittura di prompt che assomigliano a query per motori di ricerca. Sono scarni, diretti. Puntano all’obiettivo, ma senza fornire un contesto alla macchina. Del tipo “Scrivi un post LinkedIn sul concetto di leadership”. Ovviamente il risultato sarà generico e mediocre. E la colpa non sarà stata della macchina.
Non si comprende che con questo tipo di prompt abbiamo, di fatto, affidato una delega in bianco all’IA. Gli abbiamo detto implicitamente “riempi i vuoti di ciò che non ti ho detto e poi dammi una risposta”.
Avremmo dovuto arricchire il prompt con informazioni precise e strutturate. Dirigere, spiegare, insegnare.
Perdere cinque minuti in più per scrivere un prompt ci darà risultati molto più utili.
Invece, c’è quasi un’aspettativa irrazionale o la pretesa che la macchina sia capace di leggerci nel pensiero. O forse è solo umana pigrizia.
In questo modo, però, rischiamo di sprecare l’IA. Dobbiamo smettere di delegare il lavoro a queste “intelligenze aliene” e iniziare a usarle per aumentare il nostro pensiero.
Reve
Reve è una nuova app che permette di creare e modificare immagini in maniera conversazionale. Sorprendente la funzione di editing che scompone le immagini in layer, individuando gli elementi principali e permettendo di spostarli dove si vuole e di modificarne l’aspetto. La versione gratuita è molto generosa in termini di numero di risultati. Il mio test.
🎁 Goodies
Ti lascio con i Queens of the Stone Age in versione acustica da Fallon.
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